L’Italia e il Coronavirus
“Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. (Marco 15,33)”
E così arrivò il virus. Nessuno l‘aveva previsto. Dalla Cina si mosse, nascostamente, ad una velocità impressionante. Non eravamo pronti a questa emergenza. In Italia le industrie farmaceutiche e gli istituti vaccinogeni che rientravano nella programmazione dello stato italiano e che negli anni ’70 erano un fiore all’occhiello, furono venduti o spenti, creando grossi debiti. Parlo della Carlo Erba, della Farmitalia, della Sclavo e dell’Istituto Sieroterapico Milanese.
Quest’ultimo Istituto era nato su iniziativa dell’immunologo senatore del Regno italico, Serafino Belfante, da una pubblica sottoscrizione del Corriere della Sera, per studiare e produrre sieri e vaccini per il popolo lombardo. Eravamo all’inizio del 1900. L’istituto era stato munito di un grosso patrimonio terriero, che con lo sviluppo della città di Milano si era trovato all’interno della circonvallazione interna, nella zona dei navigli, con un forte aumento di valore. E ora non c’è più. Per il vaccino ormai possiamo solo sperare nelle industrie straniere.
Ci rimane, in nome della salute pubblica, di tutelare la nostra sicurezza dal contagio, accettando tutti i sacrifici che ne derivano, primi fra tutti la sospensione di alcuni diritti fondamentali tutelati dalla nostra Costituzione. Parlo degli articoli che vanno dal 16 al 19 e che riguardano il diritto di movimento, di riunione, di associazione e di esercizio pubblico di culto religioso. La situazione della salute pubblica è così grave che questi diritti possono essere sospesi.
L’emergenza sanitaria e quella democratica vanno di pari passo e coinvolge tutti noi, particolarmente noi delle ACLI, con i nostri valori ed il nostro Credo.
Abbiamo bisogno di dare un senso a tutto ciò, anche se è difficile accettare le tante morti, senza un conforto familiare, senza un abbraccio, senza un… coraggio.
Quando finirà? Quando avremo il vaccino. Di fronte a questo ci troviamo disarmati. Di chi fidarci? Le ideologie, le appartenenze politiche sono state svilite.
Come diceva giorni fa Papa Francesco in un’omelia nella chiesa di Santa Marta, Gesù ci ha detto di scegliere fra Dio ed il denaro, ce li ha posti sullo stesso piano, o l’uno o l’altro. E noi cosa abbiamo scelto? Se pensiamo a tutto questo, ci viene da piangere. Significa mettere in gioco se stessi, avvicinarsi a tutti i nostri cari con l’anima, visto che non possiamo farlo fisicamente.
Noi siamo nella notte e la notte ci spaventa. Bisogna che ci facciamo coraggio, occorre non farci influenzare emotivamente da chi ha paura, occorre rinunciare a parte delle libertà individuali, perché dai gesti di ciascuno di noi dipende anche la nostra stessa vita e quella di tante persone.